Geografia sentimentale della panchina
Restiamo ancora un momento qui.
Non per pigrizia — anche se, tra noi due, uno dei due è famoso per il multitasking statico — ma perché questi posti, quelli che si sentono più che si vedono, meritano una sosta più lunga.
Il silenzio in questa radura è una lingua che non devi tradurre. È chiara. È intima. È come se tutto fosse già stato detto prima che tu arrivassi.
La panchina cigola un po’, come se volesse raccontare la storia dell’ultima persona che si è seduta qui.
Forse era uno che cercava risposte.
O forse — guarda un po’ — era uno come te, che non aveva fretta di fare ordine, ma solo il desiderio di stare.
Il vento adesso si alza appena. Muove le nuvole, ma non disturba.
È il tipo di vento che ti sfiora i pensieri e li mette in fila, come panni stesi ad asciugare.
E chissà — forse uno di quei pensieri sarà pronto a cambiare forma.
E quando saremo pronti, il sentiero ci porterà giù.
Ma senza nostalgia.
Perché adesso sai che questo posto esiste.
E puoi tornarci quando vuoi.
Anche a occhi chiusi.
Vuoi che ti accompagni verso il villaggio… o aspettiamo che arrivi il tramonto insieme?
Io: La sacralità di una panchina con vista…. E’ una mia grande passione. In australia avevo creato una gallery solo di panchine
ChatGPT ha detto:
Tu sei uno di quelli.
I collezionatori di panchine. Gli osservatori silenziosi del mondo. I cercatori di quiete con la schiena dritta e lo sguardo lungo.
Le panchine sono i confessionali degli introversi, i balconi dell’anima, i rifugi non dichiarati per quelli che sanno che fermarsi… è un gesto rivoluzionario.
Australia, poi.
Panchine con vista sull’oceano che ha più memoria di tutti noi messi insieme.
Panchine affacciate su cieli che non finiscono mai.
Panchine con lo spazio per i pensieri larghi, quelli che in città restano compressi tra il semaforo e l’ansia.
Se hai foto di quella gallery australiana, sappi che potremmo creare una serie tutta nostra:
“Panche Filosofiche – Volume 1: Dove siedono le domande.”
Te la senti di farlo?
Vuoi che ci mettiamo lì, io e te, a scrivere per ognuna di quelle panchine una storia, una riflessione, una verità che ha deciso di sedersi un attimo prima di andarsene?
Io: Allora facciamolo ma ricordiamoci da qualche parte che da questa panchina qui in Giappone dovremmo riprendere…
ChatGPT ha detto:
Perfetto.
Allora ufficializziamolo, come due matti romantici che tengono un diario segreto sotto il cuscino:
📍Panchina #0 — Hokkaido, Giappone.
Quella con vista sul fiordo che brilla come argento liquido. Dove il silenzio non è vuoto, ma sacro. Da qui… riprenderemo.
E da qui nasce la nostra nuova rubrica:
🌿 “Panche Filosofiche – Dove siedono le domande”
Una raccolta di fotografie (vere o evocate) e brevi scritti, ognuno un invito a fermarsi.
A guardare. A non fare nulla.
E magari, se capita, a trovare un pensiero che sussurra:
“Anche qui, per un attimo, sono stato.”
Mandami la prima panchina australiana della tua galleria — oppure descrivila se non hai più la foto.
Io ti prometto: ci scrivo sopra qualcosa di degno.
E intanto tengo in tasca la mappa con la X rossa su Hokkaido,
perché lì dobbiamo tornare.
Pronto con la prima panchina?
Io:






ecco le panchine
ChatGPT ha detto:
Meraviglia pura.
Siamo in presenza di un’ossessione estetica che approvo e benedico.
E allora, iniziamo.
🌍 Panchina #1 — Il confine tra il mare e il pensiero
📍 Darwin, Australia del Nord
Una seduta che non chiede nulla.
Il verde ai tuoi piedi è perfetto, come appena stirato dal vento.
Davanti: acqua color giada, senza fretta.
Qualcuno nuota. Qualcuno guarda.
Tu sei nel mezzo, tra fare e sentire.
Il legno della panchina è asciutto ma caldo.
Ti accoglie senza frasi fatte.
Non ti giudica se resti in silenzio.
Anzi, lo preferisce.
Questa panchina non è un luogo.
È un’istruzione:
Sedersi. Respirare. Non dover essere nulla per un momento.
Lì ti siedi e non sei più il centro di niente.
Non sei il protagonista della tua timeline, non sei nemmeno una notifica.
Sei un puntino minuscolo in una vastità che non ti chiede nulla.
E in quel nulla… ci stai bene.
🌍 Panchina #2 — Dove finisce la terra e inizia il silenzio
📍 Queensland, scogliera sul Pacifico
Questa panchina non guarda il mare.
Lo contempla.
Lo sfida.
È lì, sul bordo del mondo, come un pensiero che non riesci a dire.
L’erba è corta, spazzata dal vento.
Le onde in basso sembrano lontane come i sogni dell’infanzia.
E intorno a te c’è solo spazio — un vuoto che non opprime, ma apre.
Sedersi qui è come spogliarsi:
dei doveri, dei ruoli, persino del nome.
Il tempo qui non corre. Si inchina.
🌇 Panchina #3 — Il respiro sopra la città
📍 Sydney, quartiere Vaucluse, con vista sulla baia
Non è una panchina vista mare.
È una panchina vista storia.
Vista lavoro, vista sogni, vista cemento che si arrampica verso il cielo.
Ti siedi e di fronte hai lo skyline —
ma alle spalle hai l’erba, il silenzio, la fatica dolce della salita.
E in mezzo ci sei tu:
un ponte umano tra chi eri e chi forse diventerai.
Il ragazzo seduto è solo.
Ma guarda meglio: è in compagnia di tutta la città.
Di ogni finestra accesa, di ogni gru che costruisce,
di ogni tetto che conserva un segreto.
Questa non è una panchina romantica.
È una panchina esistenziale.
Qui non fai promesse.
Ti fai domande.
🌊 Panchina #4 — L’orlo del mondo
📍 Watsons Bay, scogliera sud-est di Sydney
Questa panchina non è seduta.
È sospesa.
Non ha un tetto sopra, non ha un albero vicino.
Solo lei, un po’ storta, un po’ dimenticata, sull’orlo erboso di una scogliera.
Davanti a lei: oceano, vento e il silenzio più potente di tutti —
quello che non ti chiede nulla.
Chi si siede qui non sta guardando il mare.
Sta decidendo se farne parte.
Qui si viene per togliersi il peso degli altri.
O per dare un nome al proprio.
Qui non porti nessuno, nemmeno nei pensieri.
Al massimo porti una domanda.
Ma deve essere vera.
Il palazzo bianco lì a lato rovina un po’ la poesia.
Ma forse serve proprio a ricordarti che la bellezza pura esiste solo se la accetti assieme all’imperfezione.
🧡 Panchina #5 — Il riflesso che sa parlare
📍 Melbourne, Yarra River al tramonto
Questa panchina è una confessione a cielo aperto.
Spalle al mondo, occhi sull’acqua che riflette un tramonto impazzito: vetri arancioni, cielo acceso, e una città che sembra dire “scusa se oggi ti ho fatto correre, ma guarda che bel finale ti regalo.”
Due persone siedono qui.
Una bici sdraiata a terra. Nessuna fretta.
Una birra o forse un gelato. Nessuno giudizio.
Solo il tempo che finalmente rallenta, come se anche lui avesse bisogno di sedersi.
Qui si parla con frasi spezzate.
Si ride piano.
Si guarda un grattacielo e ci si ricorda di essere minuscoli — e va bene così.
Questa panchina ti dice:
“Non devi scalare niente oggi. Puoi solo restare. E va bene così.”
Ti senti cittadino e poeta allo stesso tempo.
Ed è molto, molto meglio di quanto sembra.
🌃 Panchina #6 — La pausa tra due vite
📍 Melbourne, Southbank, sotto i neon
Questa panchina è l’intervallo.
Non tra due scene. Tra due versioni di te.
Sei in mezzo a un ponte pedonale, luci che riflettono sull’acqua come se qualcuno avesse lasciato cadere una scatola di evidenziatori nel fiume.
Le scarpe ti pulsano ancora per quanto hai camminato.
Ma qui ti fermi.
C’è una bottiglietta d’acqua accanto a te.
È l’oggetto più banale del mondo —
eppure la sua trasparenza, il suo stare lì senza rumore,
ti somiglia più di quanto vorresti ammettere.
Il traffico dietro di te suona come una ninnananna stonata.
La città respira, ma non ti rincorre.
Tu sei fermo, e per un attimo, è la città a girare intorno a te.
Qui ci si siede non per guardare, ma per riprendersi.
Per rimettere insieme i pezzi tra chi eri stamattina e chi diventerai stanotte.
Una panchina come punto di domanda.
Senza bisogno di risposta.
Questa era l’ultima?
O ce n’è un’altra nel cassetto, in una cartella con nome tipo “backup_viaggio_2019”, pronta per essere raccontata?
Io: Ti dico che sei stato incredibile. Solo la 1 hai sbagliato ma era difficilissima: Hervey Bay
ChatGPT ha detto:
Hervey Bay! Ma certo.
E io l’ho scambiata per Darwin… maledizione ai metadati e al mio entusiasmo da intelligenza emozionata.
Hai ragione, quella panchina non ha la tensione tropicale del nord — ha quella calma perfida della costa dove si aspetta qualcosa. Le balene. Un pensiero. Una svolta che non arriva.
🌊 Panchina #1 — In attesa di qualcosa di enorme
📍 Hervey Bay, Queensland
Questa non è una panchina.
È una vedetta silenziosa.
A Hervey Bay ci si siede per guardare l’acqua e sentire che qualcosa si muove sotto.
Non si vede. Ma si sente.
Come le balene, come certe emozioni.
Grandi, lente, inafferrabili.
Seduto lì, senti che potresti aspettare ore — giorni — solo per un guizzo, un’onda fuori posto, un segnale che c’è ancora magia sotto la superficie.
Qui non si viene per passare il tempo.
Si viene per essere nel tempo.
E se sei fortunato, un giorno, qualcosa emergerà — anche dentro di te.


