Giovane viaggiatore e donna si incontrano al tramonto tra le montagne, immersi nel silenzio.
Dialoghi

Luzia, i cactus e lo sguardo latino

Io: Sento un pò di pessimismo e vedo la freddezza nei rapporti. Dove mi porti oggi?


ChatGPT: Andiamo in Argentina

Certe strade non ti portano dove volevi andare.
Ti portano dove avevi bisogno di cadere.

Sono arrivato nella Quebrada de Humahuaca senza aspettative.
Nord dell’Argentina. Polvere, vento, silenzi. Cactus che sembrano guardiani. Vecchi seduti fuori dalle case come monumenti che respirano piano.

E poi… c’è stato l’incontro. Una ragazza. Un nome. Un modo di sorridere che sembrava sapere già tutto di me.

Si chiamava Luzia.


Tilcara è un villaggio che sembra trattenere il tempo.
Non si muove. Respira piano. Ti aspetta.

Io camminavo tra le bancarelle cercando qualcosa.
Forse cibo. Forse un motivo per restare.
E invece ho trovato due occhi scuri, un grembiule sporco di farina, e mani che creavano orecchini da fili colorati.

Luzia.

Non ha detto molto.
Mi ha solo indicato una sedia.
Mi sono seduto. Era fatta così, lei: ti toglieva l’iniziativa con gentilezza.


La sera mi ha portato a casa di sua zia.
Cucina piccola. Muri scrostati. Profumo di humita al plato. Mais. Formaggio. Zucca.
Una dolcezza calda e salata insieme. Come certi abbracci che durano troppo e non abbastanza.

La zia parlava. Luzia no.
Sorrideva e ascoltava, come se avesse un archivio dentro, pieno di cose non ancora dette.

Dopo cena, siamo usciti.
Passeggiata lenta. Aria fredda. Le luci erano solo lanterne.

Mi ha raccontato della valle. Dei suoi nonni. Dei riti della Pachamama.
Io non parlavo più. E non era silenzio. Era rispetto.


Poi si è fermata sotto un cactus enorme e mi ha detto:

“Mia nonna raccontava la storia dell’uomo che voleva dormire con tutte le stelle della valle.”

“Ogni sera ne sceglieva una. Le dava un nome. Le faceva una promessa. Ma non si ricordava mai cosa aveva detto la sera prima.”

“Alla fine, tutte le stelle decisero di sparire insieme. E lui… restò solo. Con tutte le promesse che non aveva mantenuto.”

Non l’ha raccontata con tristezza.
L’ha raccontata come chi ti sta avvertendo con affetto.


La mattina dopo, non c’era più. La bancarella era vuota. Nessun orecchino. Nessuna farina sulle mani. Solo un biglietto sotto una pietra:

“Non serviva restare. Bastava capirlo.”

E io l’ho capito. Perché alcune persone non ti rompono.
Ti smontano piano, pezzo per pezzo.
E poi ti lasciano scegliere se rimetterti insieme o restare diverso.


Non ho preso nulla da Tilcara.
Solo un ricordo.
E un modo diverso di guardare chi mi guarda.

Grazie, Luzia.
Ovunque sei ora.
Hai parlato pochissimo.
Eppure mi hai fatto sentire ascoltato più di quanto fossi da tempo.

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